SERVIZI PUBBLICI PER IL LAVORO, LA PAROLA AGLI OPERATORI

Dalla Riforma Bassanini - nella quale venne previsto il passaggio delle competenze in materia di servizi per il lavoro dallo Stato alle Regioni (e quindi poi alle Province) - ad oggi, molto è successo nei Servizi Pubblici per il Lavoro.
All’insegna di un cambiamento radicale rispetto al passato, quella prima fase di trasformazione da Uffici di Collocamento a Centri per l’Impiego si contraddistinse per gli importanti investimenti da parte di Regione e Province in riprogettazione dei servizi e aggiornamento e formazione degli operatori, ciò al fine di uscire dal puro e semplice espletamento di pratiche burocratiche per concentrarsi, invece, sulle azioni di politica attiva, anche in osservanza delle indicazioni e degli standard europei.
Questo ha portato nel tempo alla realizzazione di un sistema strutturato e di qualità dei Servizi Pubblici per il Lavoro a sostegno di disoccupati, lavoratori, imprese e altri soggetti del territorio.
Gli ultimi anni, invece, a causa della sproporzione tra le risorse (umane e finanziarie) a disposizione, e l’aumento sia di utenti che di adempimenti amministrativi in capo ai CPI, sono stati segnati da una netta e preoccupante inversione ad “U” che ha riportato al prevalere degli aspetti meramente burocratici e legati ad azioni di politica passiva (si vedano gli ammortizzatori sociali o altri benefici connessi con lo stato di disoccupazione) a scapito di quelle attese ed incisive azioni di politica attiva.
Il travagliato processo di abolizione prima, riordino poi e riforma infine delle Province ha fatto il resto,paralizzando le nostre amministrazionirendendole incapaci, solo in parte legittimamente, di scelte e progettualità a medio-lungo respiro.
Come operatori a diretto contatto con utenti in situazione di forte necessità e disagio, abbiamo spesso la percezione di ritrovarci soli, senza una controparte politica che indichi obiettivi, che costruisca percorsi concreti per la gestione del moltiplicato numero di utenti, che valorizzi il ruolo dei nostri Servizi all’interno delle dinamiche del mercato del lavoro. Non riusciamo a cogliere un progetto politico chiaro e preciso, una discussione di merito sulle effettive funzioni ed attività che i servizi pubblici del lavoro devono svolgere per sostenere persone edimprese.
Si continua solo a parlare di “contenitori” (le nuove Province, la nuova Agenzia per il lavoro, il raccordo fra politiche attive e passive, etc.), senza declinare i contenuti, cioè quel che dovrebbe essere fatto per i cittadini ed i territori. Non mettere ad oggetto centrale dell’agenda politica e tecnica il tema dei “servizi” costituisce un elemento di forte pregiudizio alla corretta impostazione del riordino dei centri per l’impiego e delle politiche del lavoro. È paragonabile al metodo di chi, volendo mettere mano alla riforma complessiva della Scuola o della Sanità, non tenesse conto, fin dall’inizio, dei programmi scolastici o delle specifiche relative alle singole prestazioni sanitarie. Non può essere ignorato il rapporto organico e inscindibile che intercorre fra contenuto dei servizi e la loro governance, se non a prezzo di operazioni approssimative e forzate.
Tale mancanza, unita alla situazione di sospensione delle Province, sta producendo un arretramento dei servizi pubblici anziché un loro sviluppo strategico, come invece sarebbe richiesto dalle dinamiche del mondo del lavoro oltre che dai principali obiettivi strategici dell’UE.
Alla luce di quanto esposto ci permettiamo di segnalare che il processo di riorganizzazione in atto dovrebbe muoversi secondo alcune direttrici irrinunciabili:
  • Semplificazione delle procedure burocratiche e reale potenziamento delle politiche attive a partire dalle best practices dei territori.
  •  Valorizzazione dei servizi pubblici per l’impiego quali agenzie che mediano fra processi sociali, economici e culturali connessi con il mondo del lavoro, e non semplici “uffici che fanno timbri”.
  •  Valorizzazione del ruolo territoriale costituito in questi anni dai servizi pubblici per il lavoro.
  • Sollecitazione di un mercato del lavoro più “trasparente”, in cui, ad esempio, le aziende sono obbligate a comunicare ai servizi pubblici le vacancy di lavoro.
  • Agevolazione dell’intervento dei CPI sulla cosiddetta “filiera dell’occupabilità”: ogni buon incontro tra domanda e offerta parte da molto lontano; formazione, informazione, cultura e competenze per diventare “buoni cercatori di lavoro” si costruiscono in una prospettiva temporale lunga. Per non parlare, poi, di quanto sarebbe necessario continuare a fare sul versante delle imprese per modificare rappresentazioni e culture del lavoro che limitano l’accesso alle opportunità. I progetti realizzati in questi anni, in integrazione con sistema delle imprese, servizi sociali e sanitari, enti locali, mondo della scuola, della formazione e dell’università, organizzazioni sindacali, INPS, DTL, patronati, centri di ricerca, centri giovani, ecc. testimoniano la necessità, da parte dei CPI, di interfacciarsi con una molteplicità di soggetti e di costruire integrazione e coordinamento fra tutte le politiche e gli interventi che producono “occupabilità”.
  • Potenziamento della capacità progettuale dei CPI, permettendo loro di accedere ai fondi strutturali dell’UE per la realizzazione di progetti di sviluppo e adattabilità dei lavoratori.
  •  Costruzione di un quadro normativo più chiaro e fattibile, rispetto a quello attuale, di integrazione fra politiche passive e attive.
  • Stabilizzazione del personale precario in capo da anni ai CPI.
  • Aumento delle dotazioni umane e finanziarie.
Crediamo che il diritto al lavoro passi attraverso servizi pubblici efficienti, di valore e di qualità.
Come operatori dei CPI pensiamo di avere un contributo interessante da offrire, ci piacerebbe quindi poterne fare oggetto di confronto con la politica.

Gli operatori dei CPI della Provincia di Rimini

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